DUE PER CINQUE

Stare con qualcuno è entrare nella sua mente, assaporare con i suoi sensi, patire con il suo fegato e gioire con la sua pancia. E’ essere più che altro se stessi ma un po’ anche l’altro, l’altra.     Una fatica in più, come se già non fosse abbastanza faticoso vivere la propria di vita.       Ma una fatica ripagata, più o meno ripagata, perchè lo stesso vale per la persona con cui stai. Anche lei è un po’ te. O almeno dovrebbe.

E tu sei molto me. E io non oso immaginare la fatica.

Ho sempre pensato alla mia mente come a un monolocale, un unico, piccolo spazio paranoicamente e minuziosamente disordinato.    Pieno ma per lo più di cose inutili, incasinato ma non in quel modo interessante che vorresti.          Architetti dei propri interni, non sono mai riuscita ad arredarmi come si deve.          Il fatto è che faccio così fatica a muovermi in questo posto, le cose che non rompo le perdo.  Pare di vivere in una città del terzo mondo, concentrata in un cranietto, un metro e ottanta di donna ci entrerebbe forse con due cellule.

E invece tu ci stai tutta e ti muovi con grazia, senza rompere nulla, e ritrovi sempre quello che perdo, e quel che manca te lo inventi, e sei così regale che a volte il mio schifo di casa mi pare un palazzo.

Sono sempre stata sola e con gli anni la solitudine è diventata per me prima un vizio e poi un bisogno. Un po’ come una droga ma al contrario. Una dipendenza ma che anziché demolirmi mi rigenera.    E’ il mio confine, la linea che gli altri non possono attraversare. E’ il mio coprifuoco, il tempo oltre il quale qualsiasi rapporto sociale diventa una sopportazione.          E’ ciò che mi allontana.

Ma non da te. Che sorridi  e sospiri quando mi rifugio sui monti, che mi lasci andare e che mi lasci stare, con misericordiosa pazienza.        Non mi allontana da te, che hai trasformato la mie solitudini in meravigliose attese, morbide parentesi che mi separano dal tepore delle tue mani.

Penso troppo, me lo dici sempre, progetto opere notevolissime che non servono a niente. Calcolo. Infinite variabili e numeri che si sommano e si sottraggono senza sosta, così che il risultato cambi in continuazione. E penso sempre ad altro, al costante inseguimento di possibili futuri.    Così da perdermi il presente.

E poi mi ritrovo tra le tue braccia. O ritrovo te tra le mie. Nel lettone pigro della domenica, a parlar di cose semplici o a ricordare quell’inverno a Lisbona. Mentre le gatte ci si rotolano addosso, in un fragore di fusa. E in quei momenti, tutto dentro di me rallenta e si placa.        E non c’è altro se non il presente.

Sono trascorsi cinque anni da quando ho realizzato che la mia allegra vita da single stava per finire e in cinque anni ho cercato spesso  di trovare una frase veramente intensa per terminare questo monologo con i fuochi d’artificio. Ma niente. Passeranno altri anni, non so bene quanti, forse tutti, io continuerò a cercare sempre ma alla fine probabilmente sarai tu a trovarla.        Perchè sei tu quella che trova le cose.

(Ho anche pensato di non rifilarti la solita Our Anniversary degli Smog)

 

 

 

DUE PER CINQUEultima modifica: 2015-12-11T19:11:32+01:00da betterbequiet
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