POCO TURISTA A LISBONA

 

 11 GIUGNO

 

Seduta a letto, nella mia nuova stanza d’albergo. Guardo la tv, mangiucchio biscotti. Ho anche comprato un profumo. Finalmente mi permetto di non puzzare. E mi permetto anche una maglietta e un paio di pantaloncini nuovi. Un paio di scarpe. Un letto comodo. Finalmente.

Ieri sono arrivata a Lisbona. Ho aspettato un giorno festivo per affrontare il caos della città, perchè durante un giorno festivo in città tutto si rilassa. Il traffico, i divieti, le difficoltà. Me la sono studiata così bene. La fermata della metro giusta, la possibilità di salirci con la bici, dove cambiare linea e dove scendere. Potevo farcela e se anche fossi stata in difficoltà avrei potuto confidare nell’aiuto di qualcuno. Perchè qualcuno c’è sempre. Se sai chiedere.

Arrivo al mio albergo, o mio Eldorado prezioso… Da quando ho prenotato la mia stanza singola, colazione inclusa, non faccio che sognare il lusso di un lettone tutto per me, un bagno perfetto, con la doccia funzionante, senza muffe e gatti morti per terra. Una moquette pulita, uno spazio vitale più grande dei soliti 5 metri quadri. Camminare scalza senza la paura di prendermi non so che malattie. Insomma sogno agi e vizi.

Ho percorso 1628 km su una mountain bike, altri 100 a piedi per permettermi tanto.

E ora eccomi qua, ho una bella stanza, con balconcino vista muro, pulita, con aria condizionata e cazzate varie. Connessione wi-fi gratuita, shampo e doccia-schiuma, personale gentile,anche se un tantino rincoglionito. Un lettone, tutto per me. Il più scomodo su cui abbia mai poggiato le ossa. Cristiddio. Sì, che è più di un mese che dormo in letti di merda o accasciata su un materasso buttato per terra.

Non me ne accorgo subito. Ci trascorro il pomeriggio cazzeggiando, me ne sto là seduta a guardarmi partite di tennis alla tv, a contemplare la mia lonely planet, a chattare un po’ in messenger. Non faccio caso alla rocciosità stoica del materasso. Ma quando è tempo di sdraiarmi e dormire me ne accorgo eccome.

In meno di tre ore mi ritornano tutti i dolori articolari sofferti negli ultimi vent’anni. Male alla spalla, malissimo alla schiena, fastidio assoluto al collo. Mi rode pure il culo.

Mi viene un nervoso tale che avrei voglia di spaccare tutto. Perchè non bastasse sto cazzo di materasso, nelle vicinanze c’è pure un locale che spara musica unz-unz fino alle 4 del mattino. Ma puttana merda, possibile che non mi possa mai rilassare, che debba sempre lottare contro qualche imprevisto??!

Al mattino ovviamente faccio un culo così alla receptionist di turno. Voglio parlare con il suo manager ma sto coglione non si fa trovare, così mi faccio rimbosare, mi metto alla ricerca di un buon albergo(ma che sia buono davvero stavolta), rifaccio le valigie e via. Una rottura di cazzo che non ha eguali.

Ad ogni modo, stavolta almeno trovo una sistemazione davvero paradisiaca.

Arrivo in bicicletta davanti a sto palazzo altissimo. C’è il portiere, vestito da portiere, una porta girevole enorme ed automatica all’ entrata, i receptionists in giacca e cravatta e viso perfettamente rasato. Ed io. Con i pantaloni lunghi tirati su dal ginocchio per non sporcarli, la maglietta di topolino pezzata, il sudore che mi fa sbrilluccicare il viso e il collo. Sgancio al titubante incravattato il voucher della mia prenotazione. Tiè, beccati anche la carta d’identità and last but not least la carta di credito. Pago. Una bella cifra che mi fa deglutire piano. L’ordinatissimo receptionist mi consegna le chiavi. Prima di prenderle gli dico che vengo da una brutta esperienza e che non voglio altre sorprese. Io e topolino lo guardiamo dritto negli occhi, seri seri. Allora l’incravattato si rimette a tastierare al computer e mi consegna la chiave di un’altra stanza. Mi sorride un po’ cafone. No sorprises here, mi dice.

Entro in ascensore, undicesimo piano in 9 secondi netti. E’ tutto incredibilmente efficiente ed elegante, tutto cosi’ perfetto che pure il corridoio mi mette soggezione.

Infilo la carta nella serratura elettronica, apro la porta pesante. Dopo di che non faccio che camminare avanti e indietro per la stanza, ringraziando la madonna ad ogni passo. Non avrei potuto desiderare di meglio e ho anche una bella vista sul centro città e verso l’oceano.

La più bella stanza d’albergo in cui abbia soggiornato in tutta la mia vita. E ci trascorrerò ben 4 notti.

Inutile dire che, prima di osannare la nuova sistemazione, ho subito testato il letto…

 

Il pomeriggio prendo la metro. Cioè trascorro quasi un’ora a bighellonare da una stazione all’altra della città. Lo so che suona idiota, e forse lo è davvero, ma muovermi in metropolitana mi piace da impazzire. Lo trovo un mezzo di trasporto facile e immediato, veloce. E poi per scendere e risalire ci sono sempre le scale mobili. E’ tipo un giochino per bambini autistici. Compra il biglietto dalle macchinette, scegli la direzione giusta, inserisci il biglietto per accedere alla fermata, viaggia e poi lascia il tuo mondo silenzioso e protetto e torna alla luce e al casino esterno. Uscire da una metropolitana è un po’ come nascere. E sinceramente non so chi di voi conservi un bel ricordo della propria venuta al mondo…

Siccome oggi in città è tutto chiuso(sono capitata a Lisbona giusto nella settimana più festosa dell’anno), abbandono per un po’ il mio girovagare per fare un po’ di shopping nel più grande centro commerciale di tutto il Paese. Il mastodontico Colombo.

Mai visto un dedalo di negozi e ristoranti e minchiate varie così fitto. Dopo due minuti che cammino lenta e titubante attraverso gli immensi corridoi ho già perso completamente il senso dell’orientamento. Complice il calo di zuccheri(tra la colazione e il pranzo 9 ore di niente), la stanchezza ha la meglio sulla poca lucidità che mi contraddistingue e mi riduce a girare in tondo all’infinito. Senza far null’altro che guardarmi intorno senza focalizzare alcunchè ed evitare le persone che incrocio lungo la via. Questo finchè finalmente non decido di sedermi a un tavolo di ristorante biologico e ordinare metà della roba che hanno nel menù. Più un caffè. Dopodichè sono abbastanza rinsavita da potermi infilare in diversi negozi e comprarmi qualcosa di nuovo da vestire. Nulla di che, una maglietta, un paio di pantaloncini, delle scarpe da ginnastica in offerta. Un profumo. Spendo poco ma quando torno nel mio bell’albergo con tante borsette e cose nuove mi sento quasi come Julia Roberts in Pretty Woman. Un tantino meno figa, magari. E un tantino meno alta, ok.

Ma pure un tantino meno zoccola però…

 

14 GIUGNO

 

L’ultimo giorno che posso girovagare per le strade di Lisbona. E piove.

Sono stata una pessima turista, da quando sono arrivata in città ho lasciato che la pigrizia avesse la meglio, che sedasse la mia curiosità a secchiate di beato menefreghismo. E poi l’inconveniente della stanza d’albergo che, quando è troppo figa, ti richiama costantemente a sé, come una sirena bellissima in un mare tormentato.

Non ho visto molto di Lisbona, ho fatto il minimo necessario.

  • Ho preso il tram numero 28 e ci ho fatto 2 giri completi, di cui uno a stretto contatto con l’ascella stanca di un turista tedesco.

  • Ho visitato il museo Gulbenkian e mi è piaciuta di più la parte dedicata all’arte moderna che il resto. Semplicemente perchè il resto era troppo. Mi sono anche fatta un riposino all’ombra di uno dei tanti alberi che popolano il parco del museo. E ho pure inseguito uno delle tante anatre che spettegolavano nello stagno.

  • Sono stata a Bèlem, più per golosità che per altro. Perchè è qui che regna incontrastata la pasticceria più rinomata e antica di Lisbona, la madre dei famosi Pasteis de nata, quei dolci di crema a cui ho dedicato decine e decine di tenere digestioni. Prima di tirare l’ennesima mazzata ai miei trigliceridi(quattro pasteis, uno dietro l’altro) ho fatto una capatina al Mosteiro dos Jerònimos, un colosso architettonico meraviglioso dedicato a Vasco de Gama. Il grande Navigatore. Qui tutto è dedicato alla sua memoria. Strade e piazze, un ponte infinitamente grande e grosso, un centro commerciale, hotels, ricette, cinema, negozi di souvenirs, ristoranti, canti popolari, barche e zattere. Scoprendo una nuova via marittima per l’India quest’uomo ha fatto la fortuna del Portogallo. Il commercio di pepe e spezie qui ha finanziato praticamente tutto nel passato. Quindi sto colosso di pietra chiara te lo meriti anche signor De Gama.

  • E ho dato un’occhiata anche al mercato de Ribeìra e alle sue bancarelle di robivecchi. Beh, ci sono capitata per puro caso, a dire il vero. Semplicemente ci sono scesa davanti perchè nel tram con cui mi stavo dirigendo a Belem è entrato il controllore e io ero miseramente sprovvista di biglietto. Eh, lo so, non si fa ma non avevo voglia di far la fila alla biglietteria. Quindi sono fuggita prima di essere colta in flagrante. Comunque sia, credo sia stato un segno del destino. Perchè per caso sono scesa a questa fermata, per caso ho notato l’entrata del mercato, per caso sono andata a dare un’occhiata alla sala dei libri e sempre per caso, camminando veloce tra le pile di scritti incomprensibili, ho buttato l’occhio su un’edizione vecchissima de “Mèmoras de um bebedor”, di Jack London. Bellissimo, l’ho comprato subito per cinque miseri euro. Benedetto Caso.

  • Ho fatto shopping nel centro commerciale più grande della città. Ma questo già lo sapete. O insomma, dovreste.

  • Sono stata sulle 3 colline che spuntano come funghi nel centro città. Graça, Castelo e il terzo al momento non mi sovviene. Tra tutte, quella che mi ha fatto battere più serenamente il cuore è stata Graça. Ci sono arrivata non so come, vagabondando per le vie del centro, prendendo metro e tram a caso. Sono salita in cima a questa collina passando davanti a ristorantini familiari: cibo autentico, genuino, luci al neon, conti fatti a mano, modici sempre. E sopra ho trovato questa piazza piena di tavolini, affacciata su un panorama incantevole. La gente tranquilla, seduta a bere qualcosa di fresco per lasciar passare questa calura, i rumori gentili di passi e chiacchiere e traffico lontanissimo. Mi siedo anch’io, un tavolo si libera proprio nel momento preciso in cui ordino una birra. Scrivo una cartolina a mio zio, sorseggio piano la mia birra, frizzante e fresca. Osservo le persone che mi stanno attorno, uno scorcio di Lisbona vista dall’alto. E’ tutto. Semplicemente. Armonioso. Di fronte a me vedo un’altra collina, sovrastata da un grande castello. Ho voglia di andarlo a vedere da vicino. Allora mi alzo e cammino piano, l’alcol mi rallenta piacevolmente. Lungo la via si imbandiscono tavoli, si sistemano cucine da campo. Tutto dev’essere pronto per stasera. Oggi è la festa di Sant’Antonio, il patrono della città, e il mondo intero si riverserà lungo queste vie per bere e mangiare e festeggiare, senza badare a spese. Per una volta. Per QUESTA volta. E io anche, ho voglia di comprare qualcosa che mi ricordi questi posti, questi momenti. Allora entro in un negozio carino, compro due piastrelle decorate a mano e mi fermo un po’ a chiaccherare col ragazzo che gestisce sto posto. Un attore francese che fatica a trovare lavoro e che oltre al cinema e al teatro ha anche una bella passione per il vino. Quando gli dico che sono una sommelier si entusiasma e mi porta in un’enoteca vicina per presentarmi ai proprietari. Rimango una mezz’ora ad assaggiare vini bianchi e cercare di capire l’inglese incomprensibile di Daniel e soci. Me ne vado prima che l’alcol mi dia alla testa e prima di affezionarmi troppo a questo locale. Altrimenti finirò col trascorrere qui il resto del tempo che dovrei spendere a scoprire altri angoli meravigliosi di Lisbona.

  • Sono stata ad Alfama, mi sono innamorata delle sue viuzze folkeggianti, sono entrata nel museo di arte decorativa portoghese e l’ho trovato davvero affascinante e curioso. Ho conosciuto Diogo, un ragazzo che qui lavora come sorvegliante, aspettando l’occasione per un’occupazione migliore, qualcosa che gli permetta di sfruttare il suo potenziale artistico. Diogo è timido e vorrebbe chiedermi di uscire con lui ma la prende troppo alla larga e a me fa sorridere. Mi scrive il suo nome e cognome, il suo numero di telefono, la sua e-mail, il suo indirizzo messenger e l’indirizzo del sito web in cui ha pubblicato le sue opere. Se gli avessi chiesto anche mezzo litro di sangue non credo avrebbe esitato…

  • E poi ovviamente ho fatto numerosi giretti in centro. Rossio, Restauradores, Baixa. Bar, pasticcerie, negozi. Passi veloci, passi lenti, passi a strascico. Carino, bello, uuuh yeah.

  • Che altro? Ah certo, ho partecipato anch’io alla grande festa del 12 giugno. Ho passeggiato lungo Avenida da Libertade per assistere alla sfilata carnevalesca dei vari quartieri di Lisbona. Ho lottato per un posto in prima fila e scattato foto inserendo, non senza fatica, l’obiettivo tra un orecchio e l’altro degli altri spettatori. Ho bevuto numerose birrette e poi mi è venuta fame e ho mangiato il piatto forte di questa manifestazione: panino con sardina grigliata. Sardina con testa, coda e squame. Pensavo di soffocare, invece sono sopravvissuta e il panino m’è pure piaciuto. Sono stata felice e sono stata triste. Sono stata felice perchè mi sono sentita parte della festa. E sono stata triste perchè mi sono fermata ad osservare un barbone che sedeva solo e rassegnato in mezzo alla folla festante. La gente che spendeva soldi senza badarci per riempirsi di troppe cose. Birra e cibo fino alla nausea. E nessuno che, anziché bersi l’ennesimo bicchiere, offriva qualcosa a sto malcapitato. Mi è venuta tristezza e sono andata a comprare una birra per sto poveretto. Un euro e venti, cosa sono per me, cosa sono per la stragrande maggioranza delle persone? Nulla. (Basta così poco a volte, davvero così poco. Eppure.) Ma quando sono tornata indietro il barbone non c’era più, scomparso nel casino. E la birra me la sono bevuta io, controvoglia.

E questo è quanto. Una miseria. Cose che un turista ben allenato avrebbe potuto fare in una sola giornata. Se penso a tutto ciò che avrei potuto ma che non ho visto/fatto mi vien da…. fregarmene. Nel senso che onestamente ne avevo talmente le palle piene di pianificare ogni minuto della mia giornata e di fare fare fare che non vedevo l’ora di cazzeggiare e di oziare beatamente. E così ho fatto.

POCO TURISTA A LISBONAultima modifica: 2009-06-15T18:02:00+02:00da betterbequiet
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3 pensieri su “POCO TURISTA A LISBONA

  1. Ciao Eli!
    Come stai? Non sapevo come contattarti e allora.. ti “commento”..
    Che bello leggerti! Davvero!
    Un abbraccio e se vuoi scrivimi quando torni 🙂
    (ma torni??)

    Baci
    Carmela

  2. in verità mi chiamo lisa…
    sono già tornata, ripartita e ritornata. Non sarebbe male allungare il ciclo di partenze-ritorno ancora per qualche mese. O qualche anno… Vedremo. Intanto trascorrerò il resto dell’estate a casa. Nemeo io so come contattarti…

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