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POSTUMI DEL RITORNO

POSTUMI DEL RITORNO

 

Volare. Lasciarsi sfasciare dalle lunghe ore di aria condizionata e dalla bassa pressione. Quando finalmente atterro a Venezia sono talmente avvelenata di stanchezza da non riuscire più a provare nulla. “Come ci si sente a essere di nuovo a casa dopo cinque mesi trascorsi dall’altra parte del globo?” mi chiede mio papà mentre mi riporta all’ovile. Non lo so, non lo so proprio cosa si provi, non riesco a sentirmi. “E’ meraviglioso, strano ma meraviglioso” gli rispondo, invece.      E’ come sbarcare sulla luna, ecco com’è.      I lunghi abbracci contenti, le leccatine e il pelo dei cani, la lista dei cambiamenti avvenuti in mia assenza. Chi è trapassato, chi è venuto a trovarci, gli alberi che abbiamo piantato. Ascolto e annuisco, tutto mi sembra nuovo e bellissimo. Dove sono? In questa casa di cui ho un ricordo lontano, come se ogni giorno trascorso altrove fosse stato un anno. Mi lascio guidare, mi lascio coccolare e viziare. Chissà quanto male avrai mangiato laggiù, tra quegli aborigeni. Beh sì, parecchio male in effetti. E allora via di vitello arrosto, pesce al forno, risotto con gli asparagi, olio extracasto d’oliva e aceto balsamico dall’accento romagnolo.  Gnam.  Il mio apparato digestivo sospira felice e sollevato. E sospirano anche le mie ossa mentre planano stanche sulla superficie del mio letto. Morbido, morbido e piacevole come un marshmallow. Guardo il soffitto legnoso e mi perdo nelle sue curve e nelle macchie che raccontano di pioggia e di linfa e di secco. Penso agli eucaliptus, ai tronchi altezzosi e alle chiome lontane, alla strada ombrosa che al loro cospetto sgattaiolava timida come un filo d’acqua tra le montagne. Chiudo gli occhi, vorrei addormentarmi ma non posso. Bisogna combattere contro il jet-lag, ribellarsi ai voleri del proprio corpo, farsi violenza. Resistere. Come alla tentazione dell’alcol durante un bel pranzo tra amici, come a una sigaretta che dal suo  pacchetto aperto ci fissa invitante.   Non ne posso più, la stanchezza mi pesa come un palazzo sulle scapole di un mulo. E’ come dopo una sbronza. Quel tepore che cola sugli occhi, quel calore che lentamente spegne anziché accendere, quella disidratazione. Resisto stoicamente fino alle otto-et-un-quarto. Poi stramazzo come una carcassa e per tutta la notte non sogno nulla perche’ non c’e’ atomo in me che non riposi.

 

POSTUMI DEL RITORNOultima modifica: 2008-05-05T10:41:17+02:00da
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