(RI)SCOPRIRE

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Mi dicono “bentornata”, e poi di seguito “allora racconta, com’e’ stato?”. Voi che parole  utilizzereste per riassumere in pochi istanti i cinque mesi più intensi della vostra vita? Beh, io non ci riesco, non riesco a rispondere “bello”, o qualsiasi altra stronzata. Rispondo “eh”, tanti puntini di sospensione, quindi cambio discorso.

Mi sveglio ogni mattina alle 5, apro gli occhi e mi guardo attorno, in cerca di punti di riferimento. Sempre la stessa storia, non so mai dove sono. Cosa ci faccio qua? Verso che direzione devo dirigermi oggi? Mi prende un po’ d’ansia ma poi subito mi rilasso. Sono a casa e non ho bisogno di consultar cartine perché la mia direzione ora e’ un punto fisso, una freccia con la punta rivolta verso il basso.  QUI ’ .

Mi alzo alle 6, per sfinimento e prima che le spine che nel frattempo sono spuntate dal materasso inizino a mordermi la carne. Scendo le scale al rallentatore, apro piano il portone e faccio due passi nell’aria fredda e nel sole pigro del mattino. In punta di piedi, perché non voglio svegliare nessuno, nemmeno me stessa.

Mi preparo un caffè, faccio colazione seduta davanti al televisore. Com’è bello essere a casa, m’ero scordata di quanto lo fosse mentre ero via, lontana mille mondi da questo piccolo pianeta tranquillo. A quest’ora del mattino alla tv passano soltanto programmi stupidi ma li guardo volentieri lo stesso, per il solo fatto che gli attori parlano in italiano e non in inglese.

Mi infilo un paio di pantaloni e un maglione macchiato e cammino verso il garage facendo gracchiare il ghiaino ad ogni passo. I cani mi vengono incontro ancora rincoglioniti dal sonno ma già saltellanti di fame. Distribuisco carezze e crocchette e incorono con un collare verde il cane che ha appena vinto una fantastica passeggiata lungo il Sile.

Mi lavo i denti, infilo le scarpe da ginnastica senza prima slacciarle, accendo il vecchio fuoristrada puzzone, ci parcheggio dentro il mio vincitore peloso e via, pianissimo verso la campagna, la radio accesa e le orecchie spente, gli occhi sulla strada e i pensieri altrove. Parcheggio nel solito posto, apro il baule per far scendere la bestia che se ne esce come un proiettile dalla canna di un fucile, sparata nel ventre tenero di questa desolazione.

Mi piace respirare l’aria del primo mattino perché sa di fresco e perché mi dà la sensazione che non essendo stata respirata ancora da nessun altro sia molto più carica d’ossigeno. Un passo dopo l’altro, un vecchio posto che ritorna nuovo. Dimenticarsi di un qualcosa per poi riscoprirlo ancora più intenso. La bellezza di queste stradine mi avvolge dolce come una nuvola di zucchero filato.

Mi si appiccicano addosso i colori, il marrone scuro della terra torbosa e il verde succoso dell’erba nuova, il grigio anemico dei pioppi e il bianco ricamato dei fiori di sambuco. Osservo ogni cosa come fosse la prima volta, inquadro angoli e profili che avrei voglia di fotografare, come se questa fosse una terra straniera di cui vorrei conservare il sapore. Mentre invece è soltanto un posto che conosco da anni e che non ho mai visto davvero.

Mi dico che la routine ci fa chiudere gli occhi e che c’e’ molta più bellezza al mondo di quanta sia disposta a credere. E questo mi rincuora.

(RI)SCOPRIREultima modifica: 2008-05-10T20:23:07+02:00da betterbequiet
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Un pensiero su “(RI)SCOPRIRE

  1. Non hai mai scritto niente di più ispirato e dolce…
    Forse la routine è semplicemente il ripetersi di eventi che ci rassicurano e ci rendono più forti…

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