L’ARTE DI AGGRAPPARSI AI RAMI SECCHI
Ci sono momenti, nella vita di ogni individuo, in cui si rende necessaria una cernita del parco “amici e conoscenti vari”. Momenti in cui ci si rende conto che sono davvero poche le persone a cui vogliamo e che ci vogliono bene. Momenti in cui si ha decisamente voglia di dare un calcio in culo a tutti gli ipocriti, gli egoisti e i menefreghisti che ci attorniano.
Questi momenti prendono il nome di “Potatura”, azione riferita al potare, ovvero, al tagliare ad arte i rami secchi o superflui di una pianta, al fine di favorirne la crescita o di ottenere una forma determinata. Il potatore effettua un’accurata selezione dei rami più affidabili e più produttivi. Perchè ogni ramo dovrà sostenerlo e sfamarlo. E lui non vuole brutte sorprese nè dubbi, vuol sentirsi pienamente a proprio agio sul suo albero. Pochi rami ma buoni, per una produzione di qualità e per un appiglio sicuro.
E poi ci sono momenti in cui non ci si può permettere un’accurata potatura. Perchè una volta tagliati tutti i rami inutili e stupidi si rischia di ritrovarsi con un nulla. Senza più albero. In bilico su un tronco mozzato, senza niente a cui aggrapparsi per non cadere. Fa paura. Ci si sente così soli e vulnerabili. Allora si mettono da parte le forbici e ci si accontenta di quattro legnetti rinsecchiti, inaffidabili e semi-sterili. Solo perchè sono meglio che niente.
E ci si rende conto del rischio che si corre, della precarietà e della possibile mancanza. Ci si muove con cautela, si diffida di ogni movimento e di ogni appiglio. E non ci aspetta di ricevere molto, non ci si aspetta che quei rami secchi ci sfornino un bel frutto. Eppure quando arriva la fame cerchiamo comunque qualcosa lungo quel ramo e il non trovar nulla allarga ancora di più il nostro vuoto allo stomaco. E si è pure ben consapevoli di quanto sia facile cadere, aggrappati a tanta pochezza. Ma tale consapevolezza non ci rende mai pronti a quest’evento, e ogni caduta ci coglie impreparati. E ci ferisce, quanto qualsiasi altra caduta.