LAST BUT NOT LEAST

LAST BUT NOT LEAST 

Gisborne. Ascolto i Clap Your Hands Say Yeah mentre cammino verso il visitors centre. Ho bisogno di sapere come arrivare all`aereoporto, domani torno a Christchurch volando. Fine del viaggio in bicicletta. Non riesco a pensarci. Stamattina mi sono alzata presto come al solito e come sempre ho fatto una colazione abbondante, ipercarboidratica. O carboidrevole. Mi sono lavata i denti, sciacquata la faccia, guardata allo specchio. Ho il naso e gli zigomi bruciati dal sole e dal vento, le labbra secche, il bianco degli occhi che emerge come un iceberg in un mare di lava. Qualche ruga in piu`. Tutta la fatica scolpita nella pelle. Il passato che manipola i lineamenti. Siamo quello che abbiamo vissuto, ce lo si legge in faccia.

Quest`ultima settimana e` stata forse il periodo piu` intenso e ricco di ricordi ed emozioni che ho trascorso dal mio arrivo in NZ. La giornata di ieri, ciliegina sulla torta. Una fine degna di questo nome. Parto da Tokomaru Bay alle 8 salutando un vecchietto che la sera precedente mi ha tenuta sveglia fino alle dieci per raccontarmi dell sua vita e, parole sue, dispensarmi preziosissimi consigli a gratis. Stamattina si e` pure alzato presto per dirmi che dovrei dare un nome alla mia bicicletta. Uhm, lo lascio promettendo che ci pensero`. La pioggia non mi da` nemmeno il tempo di mettermi in sella. Cominciamo bene, penso tra di me. Grigio il cielo, grigio l`orizzonte, grigio l`oceano che fino al giorno prima splendeva di un blu placido e vivo. Sara` una giornata lunghissima, lo so, ma sara` anche l`ultima giornata di viaggio. Posso permettermi di distruggermi, avro` tempo per riposare poi.”Non si puo` fare a meno di desiderare le situazioni che ci rendono eroici. Vivere sfruttando fino in fondo le nostre risorse.” E` una frase di Sylvia Plath, citata nel blog di un`amica che mi perdonera` il furto, spero. E` anche una trasparente verita`. Ebbene si.    Pedalo nella pioggia pesante e infinita, nel mezzo nel nulla, su strade collinose e spesso non asfaltate. Per ore. Per quasi settanta umidissimi chilometri. Respiro acqua, sudo in salita e nella mia giacca  a vento sguazzo in un brodo di sudore e pioggia. Tremo in discesa. Non c`e` un millimetro della mia pelle che non sia bagnata. Respiro acqua, guido un pedalo` instabile. Non c`e` un posto in cui mi possa fermare per ripararmi o anche solo riprendere fiato. Avanti cosi` per i primi 40 chilometri.   Sono assolutamente estasiata da questa situazione. Me la rido e ululo nella pioggia la canzone che per tanti anni ha girato nel mio carillon di infante-triste-per-inspiegabili-motivi

“Raindrops keep fallin’ on my head
And just like the guy whose feet are too big for his bed
Nothin’ seems to fit
Those raindrops are fallin’ on my head, they keep fallin’

So I just did me some talkin’ to the sun
And I said I didn’t like the way he got things done
Sleepin’ on the job
Those raindrops are fallin’ on my head, they keep fallin’
But there’s one thing I know
The blues they send to meet me won’t defeat me
It won’t be long till happiness steps up to greet me


Raindrops keep fallin’ on my head
But that doesn’t mean my eyes will soon be turnin’ red
Cryin’s not for me
‘Cause I’m never gonna stop the rain by complainin’
Because I’m free
Nothin’s worryin’ me
It won’t be long till happiness steps up to greet me

Raindrops keep fallin’ on my head
But that doesn’t mean my eyes will soon be turnin’ red
Cryin’s not for me
‘Cause I’m never gonna stop the rain by complainin’
Because I’m free
Nothin’s worryin’ me”

Tolaga Bay. E` questo il primo posto abitato in cui finalmente mi prendo una breve pausa. Devo fare pipi`, mangiare il solito panino col miele. Dovrei anche dare un`occhiata al lungo pontile per cui questo paesetto e` famoso. Seicento metri di travi e traverse che si stendono nell`oceano verso l`America. L`America, hey. Invece di fare la turista rimango nella toilette in cui io e la mia bici abbiamo trovato riparo. Mastico il mio pranzo mentre osservo uno strano tipo che indossa un grande sacco nero per l`immondizia e un cappello da cow-boy, nero anche quello, per proteggersi dal diluvio. Se ne sta immobile nella pioggia. Con una mano regge la custodia di una chitarra, ovviamente nera, mentre con l`altra cerca di ipnotizzare le auto per convincerle a fermarsi e a dargli un passaggio. Lo saluto dal mio rifugio, gli chiedo come va. Mi risponde qualcosa che non capisco, lo ripete altre due volte ma nulla. Mi tocca avvicinarmi, uscire nella pioggia. Vuol sapere dove sono diretta, da dove vengo. Sono italiana, viaggio in bici, sono diretta a Gisborne oggi ma piove, cazzo, e la strada e` ancora lunga. Nulla sembra stupirlo. Forte. Mi parla un po` della gente di Gisborne, di quanto i Maori siano ospitali e altre cose che non riesco a cogliere perche` questo tipo oltre che strano e tutto nero e` anche senza denti e non parla esattamente inglese ma una sorta di slang del tutto personale. E incomprensibile. Lo saluto, devo ripartire. Gli scatto una foto e via. Rituffiamoci in questo mare. Tra questo posto e Gisborne non ci sono altri paesi, il che significa altri 55 km senza possibili rifugi. Ho un freddo cane, questa pausa mi ha portato via l`unica dose di calore che mi era rimasta. Pedalo veloce per cercare di scaldarmi e spero fortemente in una salita per riuscire  a bruciare il panino col miele. Non devo prendermi altre pause, continuare a pedalare fino alla mia meta, non voglio piu` patire questo freddo bestiale. Supero diverse salite, vengo superata da numerose auto e log-trucks, grossi camion che trainano un doppio carico di tronchi d`albero, una risorsa importante per questa zona. Alcuni autisti sono gentili e mi sorpassano alla larga. Altri se ne fregano e mi sfiorano facendo traballare il mio mezzo instabile e alzando una nuvola d`acqua sporca che ovviamente mi annega. Un`auto grigia poi mi sorpassa velocissima in curva sfiorandomi di un nulla. Mi si blocca il cuore in quell`istante. Morire ammazzati e` nulla. Una tua disattenzione o, come in questo caso, una leggerezza altrui. Bum. Un centesimo di secondo, nemmeno il tempo di rivedere il film della tua esistenza. Bum. Morto. Scompare tutto: progetti, sogni, persone che aspettavi di rivedere, intenzioni. Tutto cio` che avresti voluto, che avresti potuto. Bum. Andato. Impreco, mando a fare in culo quell`autista, rimango dieci secondi con il braccio e il dito alzato. Rabbia sprecata, tanto vale continuare a pedalare e dimenticarsene. Quante volte mi sara` successo finora? Ne ho perso il conto, davvero. Per un po` il buonumore se ne va ma ritorna non appena smette di piovere. Lentamente scompare il brusio dell`acqua battente sull`asfalto, nell`aria ritorna il silenzio. Guardo il cielo ancora costipato di grigio. Torna a sorridermi o sole, germoglia tra le nuvole, asciugami gli occhi e le tempie, fai splendere questa campagna che senza di te giace addormentata nella malinconia. Esci. O bastardo dorato… E come per magia pedalo gli ultimi 25 km nella luce. Fine del viaggio.

Non so dire come mi sento. Tra una settimana lascero` questo Paese che amo profondamente e che per l`ennesima volta mi ha insegnato e dato tantissimo. Ho faticato dio solo sa quanto, dato tutto quello che potevo dare. Ho dormito quasi sempre sui famosi letti a gobba di cammello, condiviso stanze, cucine, bagni, aria con gente che non conoscevo. Ho rinunciato a quasi tutte le comodita` di cui in genere non mi privo mai quando sono a casa. Mi sono ammalata e sono stata in grado di arrangiarmi. Mi sono incazzata e sono riuscita a farmela passare senza far danni. Ho sempre abbassato la testa cercando di essere sempre il piu` umile possibile. Ho sofferto, ho lottato ogni mattina contro la pigrizia per riuscire ad alzarmi dal letto. Ho detto addio a tante persone fantastiche per poter proseguire lungo la mia strada. Sono stata coerente con me stessa e con le mie scelte e questa e` stata forse la cosa piu` difficile. Un viaggio come questo e` fondamentalmente sofferenza. Sofferenza totalmente ripagata ma pur sempre sofferenza. Dall`altra parte ho imparato tantissimo. A rinunciare, ad adattarmi, a distinguere quello che e` necessario da cio` che e` superfluo. Ho imparato che basta cosi` poco, che sono davvero poche le cose necessarie per vivere un`esistenza serena. Ho conosciuto e condiviso pensieri e conoscenza con gente che non dimentichero` mai, gente che mi ha insegnato cosi` tanto. Ho reso il mio corpo molto piu` forte e resistente, ho imparato ad ascoltarlo e ad utilizzarlo. Ho visto, assaporato, percepito la bellezza di posti incredibili, da togliere il fiato. E viaggiando in bicicletta o a piedi, raggiungendo questi posti con le mie gambe, mi sono sentita degna di tanta bellezza. Ogni volta che ho superato una salita devastante ho avuto la percezione di essermi meritata lo spettacolo del panorama che mi si apriva all`orizzonte. Io credo sia questa la differenza tra il viaggiare con un` auto e il viaggiare con la propria fatica. La soddisfazione e il merito. E ora che tutto questo e` finito, ora che non posso piu` proseguire il mio percorso lungo le vene e le arterie di questo Paese mi assale una tristezza incredibile, una mancanza che mi toglie il fiato. Non e` carino piangere in un internet point, ma.

LAST BUT NOT LEASTultima modifica: 2008-02-28T22:35:00+01:00da betterbequiet
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “LAST BUT NOT LEAST

  1. ciao Lisa, dopo quasi 3 mesi mi dispiace non leggere piu i tuoi diari della bicicletta in NZ, finito di leggere questo tuo finale mi è rimasto l’amaro in bocca, la stessa emozione che ho quando termino di leggere un bel libro. attendo le avventure australiane

I commenti sono chiusi.