PALERMO APPARTIENE SOLO AI PALERMITANI

PALERMO APPARTIENE SOLO AI PALERMITANI

Ogni volta che metto piede a Palermo mi assale sempre una gran voglia di scrivere e di raccogliere pensieri. Forse perchè non c’ho un cazzo di meglio da fare se non aspettare. Osservando e sudando.

I motivi che mi spingono in questa città semi-mediorientale-africana mi parcheggiano puntualmente al porto, in questo crocevia di arrivi e partenze, dove mi sento così a mio agio. Perchè i porti, come le stazioni e gli aeroporti, sono terra di nessuno. Luoghi dove tutti non sono che numeri di passaggio. Paesi privi di usi e costumi propri. Case di viaggiatori.

In questo porto c’è un ronzio costante di motori accesi, di schiamazzi di turisti afroamericani, di echi che rimbalzano nei saloni dai soffitti altissimi. Mi siedo in una di queste sale d’attesa per riprendere fiato e riordinare i pensieri, perchè nel breve giro che ho fatto per la città ho assorbito tante di quelle cose che il mio cervello ora è completamente otturato. Matita e carta fungono da tampone, sturano il flusso intasato di pensieri.

Chiudo gli occhi e comincio con le considerazioni generali:

a Palermo non esistono biciclette e i marciapiedi sono talmenti vuoti che mentre ci cammini ti vien da chiederti se una qualche legge locale ne vieti l’uso ai residenti e magari pure alla gente di passaggio. Ma dopo un po’ di passi furtivi capisci che non stai facendo nulla di illegale e che sei solo uno sfigato, perchè la verità è che camminare a Palermo non è assolutamente cool.

Un’altra cosa che può farti sentire fuoriluogo è l’essere single. Cavolo, specie se sei donna. Nel mio girovagare a casaccio scovo un parco. Mi tuffo subito nell’ombra fresca per salvarmi dalla calura. E’ una giornata di luce limpida e di aria che sa sempre un po’ d’immondizia. Seduta su una panchina osservo la gente sfilare lenta davanti a me. Coppiette strettissime in un abbraccio. Famiglie con bambocci urlanti, madri profumate di crema doposole che guidano una carrozzina station wagon, e mariti-smarriti che non sanno bene che cazzo fare. Uomini e vecchi con la camicia nei pantaloni, la testa alta e le scarpe mai abbinate alla cintura. Squadrano ogni singola femmina gli si pari davanti con incredibile attenzione ai particolari. Così sfrontati da far sembrare un loro diritto, forse addirittura un dovere, tanta esplicita bramosità.  E le donne non ci fanno caso, da sempre abituate a quegli sguardi. Il fatto è che quì in Sicilia la lotta per la riproduzione è cosa seria assai e che in nessun altro posto sulla Terra ho visto coppiette tanto fiere di stare assieme. I single qua se ne vanno in giro a testa bassa, come degli inadeguati, come dei difettosi incompleti. Poveri single di Palermo, penso tra di me. Poi rifletto ancora un po’ e all’improvviso un grosso riflettore mi punta strappandomi al buio del mio anonimato e issandomi sull’alto palco della mia inadeguatezza. Povera anch’io…  Nuda ed esposta me ne esco dal parco prima che qualche donna accoppiata mi lanci uno sguardo competitivo e brutale.

Palermo non ha un ombelico, un vero centro. Se non la conosci, continui a girare in tondo e a ritrovarti sulle stesse strade che non ti dicono nulla. Palermo ha tanti centri ma ben nascosti. Non funziona come il corpo umano, dove gli organi principali sono collegati da arterie e vene importanti, facili da risalire. No, il pancreas, il fegato, i reni e la milza di questa città sono collegati da capillari e scovarli procedendo a casaccio è un’impresa eroica. E quasi impossibile.

Palermo sembra un po’ la versione italiana dell’Avana. I vecchi palazzi in rovina, le stradine secondarie colonizzate dai soliti disoccupati in pantaloncini e canottiera. Certo, la gente non ti importuna come nella sempre-meno-dignitosa città caraibica e non sempre gli squattrinati mirano ai turisti come a vaganti eldoradi. Ma gli sguardi che ti si incollano addosso sono comunque tanti e quantomai bramosi.

Anche se ho notato che in verità i palermitani trattano con assoluta indifferenza, presunta o reale, qualsiasi stranezza; sembrano non stupirsi nemmeno delle cose più assurde. O perlomeno non lo danno a vedere.

Lo stile architttonico di Palermo non segue un unico filo costruttore. E’ un nodo intricato di storia e rivoluzione e influenze e sradicalizzazione. Barocco e cubismo schifico-anni ’60 si intrecciano in un’omogeneità di colori che li rende digeribili alla vista. Se penso a questa città nella mia mente si forma un ricamo marrone chiaro, polveroso e illuminato. Palermo.

E queste erano le considerazioni generali di una che questa sicula città l’ha vista soltanto un paio di volte e sempre con tanta stanchezza addosso. Ma anche con tanta curiosità.      Apro gli occhi, sono seduta al piano superiore del principale edificio portuale. Me ne posso star qua a lasciar passare il tempo sorseggiando acqua tiepida da una bottiglia da mezzo litro che sembra non finire mai e ascoltando musica selezionata a caso dal mio ipod. Sono l’unica persona ad accupare una sedia di questa grande sala d’attesa, l’unica che se ne sta qua come una decerebrata a fissare la gente che torna da una breve visita alla città per reimbarcarsi in un’enormissima nave da crociera.    Un modo di viaggiare che non ho mai compreso.    Trascorrere intere giornate in un ambiente artificiale a ingozzarsi di cibo, scoparsi la solita moglie improvvisando posizioni nuove o rastrellando i corridoi pronti ad arraffare il primo sorriso disponibile. Mangiare, giocare, predare, scopare, fare shopping scadente e costoso, soffrire di stitichezza, fare la coda per ogni cosa e non vedere mai un cazzo delle città in cui ogni tanto il barcone ci sputa fuori. Me li guardo tutti sti turisti da crociera cercando con ogni mio senso disponibile caratteristiche comuni e peculiarità. E mentalmente, occhi negli occhi, chiedo ad ognuno di loro “perchè?”. Ma nessuno mi risponde.

Turisti.   Loro.   E io? Come dovrei sentirmi io quì a Palermo? Turista o concittadina? Siamo in Italia e al bar posso ordinare un caffè parlando in italiano. Ma  a parte questo ogni cosa mi sembra diversa e interessante,  esotica e lontana dai mattoni e i portici di casa. Molto più disordinata e intrigante dei centri storici delle città del nord.    Mi sembra perchè lo è.    Palermo non è Italia ma Palermo non è nemmeno Medio-oriente. Palermo non è Grecia nè nord Africa. Palermo è ovunque e nessun posto. Allora io qua non so come sentirmi, se non confusa. Non sono certa una locale, omogeneizzata a questa cultura che non conosco e che non sento mia manco di striscio. Ma non mi sento nemmeno una turista, nonostante la gran voglia di scattare fotografie, perchè sono costantemente circondata da gente che quì si sente molto più straniera e stranita di me. Cosa sono dunque? Una straniera in patria?

Il porto è terra di nessuno. O quasi. A farla da padroni qua sono i cani. Bestie polverose, stanche e spelacchiate. Sono i cetacei di terra in una città di mare. Colonizzatori di posti all’ombra, non sono certo loro a comandare ma con quella presenza di massa rendono comunque loro questo angolo di città. Mansueti e tristi, per i maltrattamenti con i quali vengono sfamati nel corso della loro misera esistenza. Malinconici, per tutte le onde che sentono infrangersi contro il molo.   Dormono, non guardano nessuno, ascoltano.    Chissà cosa pensano.

Prima che stanchezza e tristezza mi seppelliscano per sempre torno in strada per incontrare Liliana. Non la vedo da anni, non mi ricordo nemmeno che faccia abbia ma appena mi stringe in quel suo abbraccio stile “cioccolata calda dopo una giornata in una tormenta di neve” ritrovo una cara amica da cui mi sembra essermi separata non più di due giorni prima. Racconti e impressioni, abbiamo così poco tempo per aggiornarci sui nostri ultimi otto anni di vita. Ma non ha importanza, non serve raccontare tutta la storia. Ci bastano le impressioni, il calore del racconto, la presenza, seppur così provvisoria. E poi, per me che ho viaggiato sempre da sola fino a maggio, sembra quasi un miracolo conoscere qualcuno in una città sconosciuta. E vedere quelle strade e quei palazzi attraverso gli occhi di una persona che questa città la ama e che di essa ha la sensibilità di cogliere tutta la bellezza, sotto qualsiasi forma essa appaia.

Questo post è dedicato a Liliana e al suo obiettivo, alle granatine, ai cani del porto e ai marciapiedi vuoti. Di Palermo.

 

 

PALERMO APPARTIENE SOLO AI PALERMITANIultima modifica: 2008-09-18T23:30:00+02:00da betterbequiet
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