I CAN’T BEAT MYSELF

I CAN’T BEAT MYSELF 

 

Con l’arrivo di queste giornate dello stracazzo mi è ritornata la voglia di ascoltare gli arpeggi di Elliott Smith. Del defunto Elliott Smith, ahimè. Mi risale la malinconia come un nodo alla gola, un bolo emozionale che non riesco a deglutire e che non riuscirò a sciogliere nemmeno a sorsate di acido solforico.

Mi sento come la musica che ascolto, con questo malstare anonimo che mi scolora del mio essere e tutti questi pensieri sradicati dal proprio significato che mi portano via. Non so dove, non so come, come tornerò. Perchè tanto prima o poi tornerò. In me.

Needle in the hay, needle in the hay, needle in the hay,…   con questa strofa di canzone che mi vortica in testa, che mi punge un punto infinitesimale del cervello, needle in the brain, che forse stimola o che solo ferisce? E come si sente un ago nel pagliaio? Immerso in una moltitudine a cui non appartiene eppure irriconoscibile. Diverso. E irriconoscibile, introvabile.       Se solo l’ago non avesse consapevolezza del proprio essere, se solo l’ago si sentisse paglia tra la paglia…

Non posso vincere me stessa, la schifezza che mi sento a volte, non ci provo nemmeno perchè provarci è farmi altro male. Mi arrendo, mi cerco un posto tranquillo e lascio che il momento passi. Scrivo, leggo, mi siedo dove nessuno può vedermi, fumo una sigaretta, osservo svogliatamente tutto ciò che si lascia guardare, senza sforzare la concentrazione, senza tirare in ballo i ragionamenti. Il caos sul mio tavolo, le moleskine, un termometro, cerotti, scontrini, appunti, conchiglie e fiori secchi. Un sacchetto rosso e blu squartato e dentro un pesciolino di liquerizia, l’ultimo, che aspetta un’occasione speciale per essere mangiato.     Così è la vita, un’aspettar occasioni.

Le gambe fredde e le ginocchia che mi si arrugginiscono nell’immobilità del pensare al nulla. Aspettare ricordando con distacco i particolari insignificanti del proprio passato remoto. Nè rimorsi, nè rimpianti, soltanto diapositive senza sottotitoli che si sussegguono nella parete bianca del pensare. Per occupare il posto del presente, per evitare che quella parete bianca venga imbrattata da una moltitudine di immagini in guerra tra di loro.

Pace. Che non si ottiene lottando ma lasciandosi vincere. Da se stessi. E da questi momenti di rabbia e depressione che non cercano che un pretesto per sventrarci e torturarci. Alzo le braccia e mi arrendo, mi siedo e lascio che l’indifferenza e la calma corrodano allo sfinimento il nemico, lo schifo che è in me.

Se ne andrà da sè, stavolta senza lasciar cicatrici.

 

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I CAN’T BEAT MYSELFultima modifica: 2008-10-28T15:42:00+01:00da betterbequiet
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