LA DIFFICILE VIA VERSO COIMBRA

 

03 MAGGIO


Sono sopravvissuta alla sete della scorsa notte e al mattino sono riuscita a farmi aprire la porta del garage in cui tenevano segregata la mia bicicletta. Ora vi racconto.

Iera sera, prima di andare a letto, il gentile albergatore aveva cercato di spiegarmi dove mi avrebbe lasciato le chiavi per aprire quel portone. Mi aveva ripetuto le indicazioni quattro volte ed io ero convinta di aver finalmente capito. E in affetti avevo capito. Solo che avevo capito il posto sbagliato. Infatti al mattino, sorpresa, le chiavi non erano dove supponevo. Ho perlustrato ogni angolo, ogni possibile nascondiglio ma nulla. E di tirar giù dal letto il proprietario manco a parlarne, perchè: a) erano le 7 e mezza del mattino e lui mi aveva confidato che in genere prima delle 9 non si alza mai. b) non avevo idea di dove andarlo a cercare. Quindi sono uscita, per vedere se per caso il garage non fosse aperto. Manco a parlarne. Estremamente chiuso.

Mentre tiro giù madonne passa un uomo con le mani in tasca, lo sguardo schivo. Lo saluto, mi chiede se ho qualche problema(o almeno così credo; come avrete capito a sto punto, ho serie difficoltà a capire il portoghese). Gli spiego il problema e lui pronunciando un lungo hmmmmm estrae dalla tasca un cacciavite e con quello inizia la sua personale sfida contro la serratura del portone. Vince lui. Lo scassinatore, intendo. Alla fine del suo lungo hmmmm il garage è aperto e io posso finalmente riprendere possesso della mia bicicletta. E pedalare via veloce prima che i proprietari dell’albergo si accorgano che gli abbiamo scassinato il garage. Ringrazio il mio taciturno eroe e mi ributto nella nazionale.

A Coimbra ci arrivo senza troppe difficoltà. Ma con il cuore un po’ frantumato. Nella periferia della città mi saltella incontro un cane. Ha al collo una corda spezzata, è tanto magro, tanto perso. Dev’essere scappato da casa. Sempre che si possa chiamare “casa” un posto in cui ti tengono legato a un palo con uno spago così stretto da toglierti il fiato. Quando lo chiiamo mi salta addosso, poverino quanto male deve sentirsi, senza un posto dove andare, senza cibo. Solo, come un cane.

Prendo il coltello e lo libero dalla corda. E’ così stretta che faccio fatica a passarci sotto la lama. Lui saltella felice, non fa che leccarmi le mani. Gli do tutti i biscotti che ho e lui se li spazzola via in un attimo. E questo è tutto ciò che posso fare per lui e mi piange il cuore perchè se fossimo a padova me lo porterei a casa e gli farei un sacco di coccole. Invece siamo a Coimbra e non posso fare altro che andarmene e lasciarlo lungo la strada, con il collo un po’ più libero e lo stomaco un po’ meno vuoto.

Ed ora eccoci in centro, mille strade che non conosco, tanti posti in cui potrei dormire. Si, ma ne devo scegliere uno tra tutti. Tento la fortuna nell’albergo che più mi aveva ispirato fiducia nella lista della lonely planet ma lo trovo completo. Vabbè, proviamo con un altro, qua ne indica uno poco lontano. Hotel Coimbra, eccoci qua. Entro e una signora gentilissima mi accoglie sorridente. Hanno una stanza per me e un buon posto per la mia bicicletta. Per 25 euro a notte ho una stanzetta pulita, con bagno, aria condizionata, televisione, balconcino, letto comodissimo, muro leggermente scrostato e doccia scassata. Colazione inclusa. 25 euro. E sono pure in pieno centro, in una viuzza pedonale in cui si trova anche un ristorante caldamente consigliato dalla solita lonely planet. Il Zè Neto. Fatta una doccia e sistemato due cose, mi fiondo subito a mangiare. Il ristorante è pieno, trovo un microscopico tavolo per miracolo. Sfoglio il menù e scelgo la zuppa della casa e per secondo l’arrosto di vitello con patate e verdure. Una birra. Due birre. Il personale è brusco, le attese infinite ma io sono contenta perchè mi servono uno dei migliori arrosti della mia vita buongustaia. Assolutamente squisito e assolutamente tanto. Mastico lenta e mi godo ogni boccone, ho tutto il tempo che voglio per gonfiarmi la pancia.

Parentesi. Ho messo su un pancione da far paura. A forza di mangiare e mangiare, ho assunto il profilo del classico ometto di mezz’età: gambetta corta e muscolosa, braghetta abbotonata sotto il pancione, camminata lenta e tranquilla. Leggero rincoglionimento dovuto alla digestione importante. Perlomeno non passeggio con le mani dietro la schiena. Chiusa parentesi.

Pago una miseria, 13 euro per un pranzo del genere. Salterei in braccio alla scontrosa cameriera quando mi porta il conto. Esco per aiutare la forza di gravità a far scendere i quintali di cibo che ho deglutito. Quando arrivo a Plaça de Commercio vengo centrata da un colpo di fulmine. Gironzolo per le viuzze, mi guardo attorno, felicemente sazia e soddisfatta. Per dio, questa città mi piace da morire, mi piace proprio un casino, anche se per ora non è che un’impressione. Domani scoprirò perchè mi attrae così fortemente.

 

LA DIFFICILE VIA VERSO COIMBRAultima modifica: 2009-06-04T22:04:12+02:00da betterbequiet
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