FEDE E CEMENTO

 

06 GIUGNO


E piove. Mi sveglio sotto il diluvio universale. Che bel modo di iniziare la giornata per una che oggi è diretta a Fatima… Negli ultimi due giorni ho masticato talmente tante imprecazioni che appena arriverò a destinazione la madonna mi prenderà a calci in culo. Altro che grazie e miracoli e concessioni varie…

Partire quando già piove è, psicologicamente parlando, uno sforzo immondo. Pari quasi a infilzarsi una mano con un punteruolo, una violenza contro se stessi.

Cinque minuti dopo la partenza sono già inzuppata come un savoiardo immerso per cinque minuti in una tazza di caffèlatte tiepido. Se qualcuno mi mescolasse probabilmente mi spappolerei anche. Almeno la strada per arrivare a Fatima non è complicata, e poi è bella. Nell’ultimo tratto bisogna salire una montagna, una salita lunga ma non troppo ripida, piacevole(per quanto possa essere piacevole pedalare con le mutande bagnate). Dall’alto si domina la pianura circostante; il verde scuro di qualche collina elegante e il cielo ancora più scuro che intimidisce deciso qualsiasi tentativo di luce. Il vento freddo, sottile di montagna, lo sguardo che spazia lontano, verso la strada che mi sono lasciata alle spalle e oltre. Respiro a fondo, sono così stanca e mi sento così infinitamente piccola rispetto a tutto ciò che mi circonda. Eppure sono qui, in alto e vicinissima alla meta. Io e la mia bicicletta e la lunga distanza che abbiamo percorso, nonostante tutto. Sono qua e mi sento in cima al mondo.

In discesa arrivo a Fatima, attraverso la parte vecchia del paese, quel poco che è rimasto, e avanzo verso la parte più turistica, quella vicina al santuario. Devo decidere dove chiedere una stanza e dopo un po’ di indecisione scelgo il posto giusto. Centrale, fronte strada-da-imboccare-domani, piccolo, non affollato di religiosi autobus-viaggianti. Certo non ho un bell’aspetto per presentarmi dentro una qualsiasi pensionetta. Sono completamente bagnata, ho la faccia sformata dalla fatica, ho le gambe nere di fango e credo olio, e dove metto piede lascio una pozza d’acqua. Inoltre puzzo. Di cagnaccio. Per fortuna trovo una signora gentile che non mi fa pesare il mio stato pietoso. Ha un sorriso e una sistemazione confortevole sia per me che per il mio mezzo. Come le sono grata. E poi parla inglese. Non potrei chiedere di più.

Una lunga doccia calda, dei vestiti asciutti e un pranzo consumato a gran bocconi. Ora è tempo di fare il mio dovere di figlia e parente cattolica.

Vado al santuario della madonna di fatima. Me lo immagino come un posticino molto intimo in cui l’aria è impregnata di odore di incenso, in cui si avverte il bisogno di raccoglimento e di preghiera. Un qualcosa di molto spirituale, molto intenso.

Invece ci trovo un polo industriale. Allora, in pratica c’è sta piccola chiesetta in cui è apparsa la madonna, racchiusa in una cosa di vetro e acciaio. Dentro c’è un altare per celebrare la messa, un po’ di posti a sedere e tanti cosi per raccogliere le offerte.

Osservo la gente pregare alla velocità della luce, sgranare rosari come una mitragliatrice automatica sgranerebbe una carica di proiettili. Tatatatatatatatatatatatatata. E poi le offerte. I raccoglitori si riempiono veloci di banconote da 10, 20, 50 euro. Pare quasi che sta gente si voglia comprare le proprie grazie.

La piazza del santuario è grande il doppio di piazza S. Pietro. Sarebbe ottimo come posto da concerti, con quel palco sopraelevato, l’impianto sonoro che circonda l’area. I fanatici che si aggirano con gli occhi fuori dalle orbite, il pubblico che scalpita e sgomita.

Qualcuno si aggira per il piazzale strisciando in ginocchio, pensano che sbucciarsi le ginocchia sia un modo efficace per meritarsi i favori della madonna.

Qualcun altro brucia candele. C’è uno spazio apposito in cui bruciano centinaia di candele, sembra un enorme barbeque. Il fumo scuro si alza inquietante da quell’angolo, le fiamme vengono alimentate senza sosta dai fedeli.

E a me vien da ridere. Io proprio non le capisco queste cose. Non capisco perchè sta gente si faccia cento metri sulle ginocchia, non capisco perchè mettano tanti soldi dentro ste scatole, senza nemmeno sapere per cosa saranno usati quei soldi. Non capisco il perchè di questo posto immenso, interamente cementato e totalmente impersonale. Non riesco a capire cosi ci sia di spirituale in tutto questo, in quel parcheggio enorme pieno di autobus, in questa chiesa brutta, grande e vuota, con le pareti esterne pulite e quelle interne sporche.

Di quello che c’era all’origine non è rimasto nulla, se non la chiesetta dell’apparizione, restaurata e plastificata pure quella. Il resto è una grande industria. Cemento e acciaio. E atmosfera da mercato. Fedeli che pregano in questa desolazione costruita, altri che parlano e mangiano come se fossero a una fiera.

Che c’è di religioso in tutto ciò? Io mi sforzo anche ma non faccio che soffocare sane risate, di spirituale non avverto nulla, davvero nulla. E mi spiace anche, mi spiace perchè magari mi sarebbe piaciuto avvertire un qualcosa, sentire di aver fatto tutta quella fatica per arrivare in un posto speciale. E invece. Invece non vedo l’ora di andar via da tutto questo. Compro i ricordini di rito, me li incarta un negoziante che senza salutarmi, ringraziarmi, né guardarmi in faccia, mi spara una cifra esagerata per quattro cose made in china. Ovviamente senza scontrino. A quanto pare gli articoli religiosi non sono soggetti a tasse. O forse sono troppo elevati spiritualmente per abbassarsi a ste cose. Chissà.

Fatima. Non voglio ricordarmela come un enorme piazzale di cemento. Se qualcosa di spirituale ancora aleggia in questo paese non è certo in quella distesa anonima e turistica. Credo che quello che volevo percepire l’ho percepito subito prima di arrivare a destinazione, sulla cima di quella montagna scura. E preferisco pensare che Fatima non fosse quel polo industriale ma quel panorama maestoso e commovente che ha rapito il mio sguardo e la mia mente come a ripagarmi per una giornata di tanta, tanta fatica.

Amen.

FEDE E CEMENTOultima modifica: 2009-06-08T23:23:00+02:00da betterbequiet
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