STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL PESCE VOLANTE CHE LE INSEGNO’ A NUOTARE

 

STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL PESCE VOLANTE CHE LE INSEGNO’ A NUOTARE

C’era una volta una gabbianella fancazzista e sessualmente repressa che passava le giornate tra discariche abusive e mari non più blu. E c’era un pesce volante, frutto di una mutazione genetica, che si aggirava furtivo e drogato tra le acque inquinate in cerca di vongole allucinogene.      Entrambi spendevano i propri giorni nella romantica Venezia. Più precisamente in località Marghera.

Un giorno la gabbianella, investita da un’ondata di ritorno-alla-natura, se ne andò per mare in cerca di cibo autentico. “Basta con scatoette de tonno sventrate e mese botiglie de bira sgasada, go voja de pesse vivo e alghe, go voja de sushi!”, si disse il volatile, in preda a un raptus di iper-imbecillità.   E fu così che per ore planò sulle acque succulente della ridente Marghera in cerca di una preda, senza però riuscire ad avvistare nient’altro che il cadavere galleggiante di un ornitorinco di plastica. “Probabilmente funsiona come in discarica; anca qua bisogna spetare che i camion i scariche par poder pescare qualcossa”, pensò intelligentemente l’acuta gabbianella.    In verità il mare pullulava di pesci, più o meno commestibili, i quali però erano talmente evoluti(vedi anche alla voce “geneticamente modificati”) da aver ideato sofisticati mezzi di monitoraggio anti-predatori. Una volta avvistato il pericolo erano quindi in grado di attuare ancor più sofisticate tecniche di difesa, quali il mimetismo o l’assunzione di un aspetto altamente radioattivo.    Tutti, tranne i più rincoglioniti e i più drogati, ovviamente.

Fu proprio mentre la volante fancazzista curvava verso la terraferma che il pesce volante, rincoglionito e fattissimo, spiccò uno sbrilluccicante salto nell’aria salmastra. Un volo breve ma elegantissimo, di una bellezza fulminante. Lo squamoso drogato infatti era in preda a un trip notevole, si credeva una via di mezzo tra un delfino, una sirenetta e  Raffaele Paganini.

Per la gabbianella fu subito amore. Seguì i balzi del suo fattissimo pesce volandogli a fianco, riempiendolo di complimenti e proposte sconce. All’inizio il pesce volante non colse, pensava si trattasse delle solite allucinazioni post-vongola. “Cazzo sarà meglio che mi fumi un po’ d’alghe per farmi passare sto malo-viaggio”, pensò bene il transgenico mentre si reimmergeva nei grigio-verdi fondali del suo mare.     Ritornato negli abissi raccontò l’accaduto a un’alice che condivideva le sue stesse insane abitudini. Una fattona dalle pinnette fucsia, famosa nell’ambiente per essere costantemente in trip. La chiamavano infatti “Alice nel paese delle meraviglie”.     Lei non si sorprese di quanto le narrò il pesce volante, gli suggerì soltanto di evitare di prendere ancora vongole blu.  Ma lui non si convinse, nemmeno dopo essersi rollato 14 alghe; cominciava a pensare seriamente che quella non fosse stata un’allucinazione ma che avesse volato davvero a fianco di una maestosa araba fenice un tantino zoccola.

Nel frattempo la gabbianella volava in cerchio sopra le acque che avevano risvegliato i suoi impulsi sessuali. Come un avvoltoio affamato aspettava la sua preda amorosa con meticolosa pazienza, convinta che prima o poi sarebbe ricomparsa. Il che avvenne davvero, ma dopo 14 giorni. Il pigro volatile era talmente debole e dolorante dopo tante ore di volo ininterrotto che alla fine crollò e finì galleggiante sulle acque dense del mare. In quel momento il pesce volante intravide l’ombra di una sagoma animale sulla superficie dell’acqua e riemerse veloce, convinto si trattasse del suo ornitorinco di plastica giocattolo. La sorpresa lo fulminò nell’attimo stesso in cui il suo corpo mutante volò fuori nell’aria. Due occhi gonfi d’amore e di febbre lo fissavano ammaliati e ammalianti, rossi e fiammeggianti come quelli dell’allucinazione a cui non aveva creduto. “Allora esisti davvero!”, esclamò in arabo il pesce volante. “Ma che casso dìsito?”, gli rispose la gabbianella, la quale di lingue parlava solo lo swaili e il chioggiotto. “Beh, ma un araba fenice parlerà una lingua medio-orientale, no? Non lo so, cosa dovrei fare, rivolgermi a una divinità parlando in dialetto periferico veneziano?”, replicò l’acquatico. “Certo che me innamoro sempre dei mejo… Scolta, ma che casso gheto mangnà oggi a pranzo?”, gli chiese allora la sfigata gabbianella.

E cosa volete che avesse mangiato? La solita impepata di vongole allucinogene. Che altro altrimenti?

La discussione andò avanti per ore, finchè, più per sfinimento che per vero amore, i due cedettero alla reciproca attrazione e… trovarono un compromesso, diciamo.

Furono giorni felici di fugaci rapporti che duravano giusto il tempo di un salto fuori dall’acqua. Perchè solo in aria i due potevano incontrarsi; la gabbianella infatti, in quanto gabbianella, non sapeva nuotare, e il pesce, per quanto volante, era pur sempre un pesce e di miracoli non poteva farne. Venne presto il giorno in cui la pennuta cominciò ad avanzare pretese sessuali sempre più pressanti; insoddisfatta e sempre più repressa obbligava il suo amante ad allenamenti sfibranti affinchè i suoi tempi di permanenza in volo si allungassero. E con essi anche la durata delle sue prestazioni amorose.

Finchè un giorno, l’acquatico Casanova, alzò bandiera bianca sfinito, un po’ per gli allenamenti, un po’ per i salti con botta ma soprattutto per l’abuso di vongole. La gabbianella s’incazzò come una casalinga in menopausa e gli lanciò impietosa rimproveri e minacce ma in realtà c’era poco da incazzarsi, più di così il pesce non poteva fare. Fu allora che alla repressa venne un’illuminazione: “Scolta, ma perchè no te me insegni a nuotare? Così podemo stare insieme molto più a lungo!”. Lui rabbrividì, per niente entusiasta all’idea di trascorrere ancora più tempo con quella isterica. Per dissuaderla le disse che sarebbe stato un tentativo folle e inutile, che un uccello è fatto per stare in cielo e non in mare e che lui comunque non era in grado di insegnarle nulla.

Ma a quelle affermazioni la gabbianella rispose in un modo che non ammetteva repliche: “ Se go imparà a volare da un gatto, figuremose se no imparo a nuotare da un pesse…!”.

E fu così che la pennuta repressa entrò a far parte della fauna aquatica e potè spendere la sua vita sempre a fianco del suo amato. Un po’ in mare e un po’ in aria, un altro po’ in mare e un altro po’ in aria. E così via. Fino al giorno in cui vennero entrambi pescati da un pescatore chioggiotto ubriaco, che scambiandoli per ornitorinchi di plastica giocattolo, li gettò nell’apposito contenitore per la raccolta di rifiuti differenziata.

STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL PESCE VOLANTE CHE LE INSEGNO’ A NUOTAREultima modifica: 2010-01-04T15:31:00+01:00da betterbequiet
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