QUARTIERI TOUR

 

North Beach è la zona più affollata di negozi e turisti della città. Ci possiamo arrivare a piedi attraversando parte dell’immensa Chinatown, una sequenza sistematica di negozi di minchiate e di banconi di cibo più o meno commestibile. La gente urla e si muove senza guardare dove mette i piedi. Chi fruga tra una montagna di verdure che sembrano una via di mezzo tra cime di rapa e bieta, chi soppesa un dragonfruit, chi contratta il prezzo di alghe o di mezza anatra caramellata appesa dietro la vetrina. I pesci si rigirano a fatica in acquari troppo affollati e dei gamberoni che sembrano appena usciti da un film di fantascienza agitano furiosi e insensati quelle loro zampette corte. C’è confusione, puzza e rumore e ci sono soprattutto asiatici che si muovono sapientemente nel caos. E poi ci sono i bambini, che vengono sballottati da un posto all’altro come una borsa. Hanno lo sguardo un po’ vuoto e perso come quello di chi mette piede per la prima volta in queste strade, come chi non sa bene come funzioni o cosa sia questo e quello. Hanno il mio stesso sguardo.

Il fatto è che , nonostante tutto, questa situazione mi piace. Mi piace il leggero senso di smarrimento, mi piace immergermi in ciò che non conosco, e mentre navigo in queste acque orientali agitate mi assale improvvisamente la voglia di fermarmi più a lungo in questa città, di avere sufficiente tempo per scoprire cosa siano quelle verdure e quei fagottini avvolti in foglie di vite. Magari di imparare qualche parola in cinese, di conoscere i nomi delle strade, di riuscire a capire guardando il cielo se quelle nuvole se ne stanno andando o se davvero pioverà. E poi di farmi tanti giri in bici, di tenermi per benino in forma scalando decine di ripide colline ogni giorno, di mangiare in ogni posto che mi ispiri fiducia e poi discutere di quale sia il migliore ristorante thai della città. Ecco, cose così, niente di che.

Nel frattempo lo shopping continua a salassare le mie tasche, nonostante oggi splenda un bel sole e il cielo sia smaltato di blu che più non si può. Il problema è che Helen, la mia compagna di spedizione, è altrettanto rapita da tanta varietà di articoli. Ogni qualvolta passiamo davanti a una vetrina succulenta ci basta uno sguardo per capire che entrambe vogliamo approfondire. Non solo ci sopportiamo ma ci spalleggiamo pure incoraggiandoci reciprocamente all’acquisto.

E intanto il giro dei quartieri continua. Evase dal centro puntiamo dritte verso il fatiscente quartiere italiano, direzione pasticceria Stella, manco a dirlo. Ma prima ci fermiamo nella magnifica City Lights, la libreria più famosa della città, gestita tuttora da uno dei pochi superstiti della beat-generation. Scaffali di libri in labirintiche disposizioni, pensieri suggeriti e altri gridati a squarciagola in un posto in cui la libertà è romanticismo. Non altrettanto carismatica è la vecchia pasticceria Stella. Quella che dovrebbe essere una dolce istituzione italo-americana è in realtà un lungo bancone con dolci pesantissimi in vetrina, che nemmeno ci provano a somigliare a qualcosa di vagamente italiano. Se poi dietro quel bancone ci metti pure due messicane scontrose, allora… Eppure i clienti entrano ed escono col sorriso da questo locale e non solo i turisti ma pure la gente dal posto. Gli zuccheri fanno davvero miracoli.

Un autobus, tante frenate e ripartenze. Scendiamo a Haights, in quello che ancora viene considerato erroneamente un quartiere “Flower Power” superhippy. Ma io di hippy qui vedo soltanto qualche dreadlocks e qualche piede scalzo. Ci sono negozi straripanti di vestiti vintage, nuovi o usati. Quelli nuovi sono made in china e costano un’esagerazione; quelli usati fanno abbastanza cagare e poi ditemi voi se per una maglietta banalissima e straconsumata saresti disposti a pagare 15 dollari. Un controsenso. A Hippylandia tutto costa un occhio della testa. I figli dei fiori hanno sempre perseguito degli ideali basati su pace, amore e fantasia eppure in questa cazzo di strada non si incrocia una persona sorridente manco a pagarla oro. Nei negozi e nei caffè ti tirano certe inculate che manco a Napoli e non si trova nulla di artigianale nemmeno nelle botteghe più promettenti. Gli unici articoli interessanti li abbiamo visti in un posticino gestito da una darkettona inquietante che aveva allestito questa entusiasmante vetrina di antiquariato macabro: vecchie tenaglie per estirpare i denti, siringhe grosse quanto bottiglie, cavaocchi, oggettini di tortura vari, etc etc. Interessanti. Ma non esattamente concepiti come souvenirs…

E fu la fredda Haights a congelare la nostra insana voglia di shopping.

 

QUARTIERI TOURultima modifica: 2010-05-13T07:49:19+02:00da betterbequiet
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *